Trombosi è il meccanismo che causa malattie diverse, che prendono il nome dell’organo che colpiscono: un trombo che si forma in una arteria coronarica causa un infarto del miocardio, in una arteria cerebrale causa un ictus cerebrale, un frammento che si libera da un trombo formatosi in una vena viaggia nella circolazione del sangue e provoca embolia polmonare. Nel loro insieme, le malattie da trombosi colpiscono il doppio dei tumori, ma possono essere evitate in un caso su tre. Abbiamo le conoscenze, le capacità’ diagnostiche e le terapie adatte per salvare molti pazienti da questa grave complicanza, in particolare quando colpiti da una malattia di per sé terribilmente grave come l’infezione da COVID-19.
È ormai chiaro che esiste una relazione molto stretta fra infiammazione e trombosi: le sostanze liberate da un tessuto infiammato rendono il sangue più incline a coagulare, aumentando la probabilità’ di trombosi di qualunque organo. Le malattie da raffreddamento, come l’influenza stagionale, e in particolare le malattie virali, causano sempre uno stato infiammatorio più o meno grave nell’organo che colpiscono, ma aumentano il rischio di malattie da trombosi che complicano il decorso della malattia originaria.
Fin dall’inizio dell’epidemia da COVID-19, i medici che lavorano nelle terapie intensive con i malati più gravi si sono allarmati per la prevalenza di embolia polmonare in pazienti colpiti dalla polmonite da coronavirus, troppo spesso accompagnata da complicanze cerebro e cardiovascolari da trombosi, quali infarto, ictus, embolia polmonare, trombosi venosa degli arti inferiori.
Abbiamo chiesto maggiori chiarimenti sul rapporto tra COVID-19 eTrombosi alla dottoressa Lidia Rota, la quale ha scelto di mettersi a disposizione dei pazienti anche grazie alla nostra piattaforma di telemedicina HFCare.
«I virus influenzali viaggiano prevalentemente attraverso l’aria che respiriamo, ed aggrediscono il nostro organismo utilizzando come porta di entrata il naso, la gola, gli occhi. Provocano la maggior parte del danno nelle vie respiratorie, bronchi e polmoni. Purtroppo spesso non si accontentano di causare una bronchite, una polmonite, una faringite e causano diverse conseguenze spesso gravi:
- Lo stato infiammatorio che si crea nell’organo colpito attiva il sistema della coagulazione, che partecipa al meccanismo di guarigione, ma contemporaneamente aumenta la tendenza del sangue a coagulare e a formare trombi nelle arterie e nelle vene;
- Il virus provoca la liberazione di sostanze (citochine o molecole dell’infiammazione) che entrano nelle arterie e nelle vene infiammandone le pareti;
- Una volta entrato nel sistema circolatorio, il virus viaggia con il sangue e raggiunge organi lontani dal punto che ha utilizzato come porta di ingresso, causando infiammazione in molti organi diversi.
Il disordine del sistema della coagulazione che si verifica durante l’aggressione di un virus può provocare quindi trombosi nelle vene (trombosi venosa profonda o superficiale) dalle quali si liberano emboli, cioè frammenti che, arrivando al cuore, vengono spinti nelle arterie polmonari e provocano embolia polmonare, o trombosi nelle arterie coronarie, causando infarto del miocardio, o nelle arterie cerebrali causando ictus cerebrale, o nelle arterie renali causando infarto renale. Nei mesi di espansione della pandemia da COVID-19, molti studi sono stati pubblicati: studi clinici basati sull’osservazione del paziente, come quello, eseguito su 183 pazienti con COVID-19 ricoverati all’ospedale Tongji di Wuhan, nei quali sono state confermate significative alterazioni del sistema dell’emostasi con aumento dei fattori pro-coagulanti naturali, calo significativo degli anticoagulanti naturali, e altrettanto importanti variazioni nel numero e nell’attività delle piastrine».
Oltre a danneggiare l’organo bersaglio primario, cioè il polmone e il sistema respiratorio, il virus ha quindi esercitato un danno diretto sulle pareti dei vasi sanguigni, aumentando la probabilità di trombosi ed embolia?
«Il virus ha un’azione diretta sul polmone causando polmoniti molto estese che riducono drammaticamente la capacità respiratoria provocando asfissia, rapidamente ingravescente e purtroppo spesso mortale, ma causa anche, attraverso l’attivazione del sistema della coagulazione, o più correttamente sistema dell’emostasi, molte complicanze d’organo provocate da trombosi ed embolia, come infarti, ictus cerebrali, embolia polmonare che diventano spesso la causa ultima della morte di molti pazienti. Molti pazienti con pregresso infarto o ictus o sofferenti di scompenso cardiaco e/ o con un assetto dell’emostasi sbilanciato in senso protrombotico per ragioni genetiche o acquisite, hanno perso la vita».
Abbiamo qualche buona notizia da dare?
«Per fortuna sì:
- Molti studi sono stati pubblicati negli ultimi mesi che hanno cercato di chiarire i meccanismi che rendono pericolosa la relazione fra il virus e l’emostasi, e i medici hanno preso provvedimenti adeguando il tipo e le dosi dei farmaci necessari per curare la polmonite e per prevenire gli eventi cardiovascolari da trombosi, tenendo conto del profilo di rischio di ogni singolo paziente con le caratteristiche, i fattori di rischio e i precedenti di ognuno, privilegiando al cosiddetta medicina personalizzata, che va ben al di là delle linee guida standardizzate;
- Un importante studio clinico svolto dall’Università di Padova ha dimostrato che pazienti con precedenti cardiovascolari o ad alto rischio di infarto ictus ed embolia che assumo farmaci antitrombotici a lungo termine in modo disciplinato, hanno meno complicanze cardiovascolari quando vengono colpiti dal virus, perché già protetti dagli effetti collaterali dell’infezione virale sul sistema vascolare grazie alle terapie antitrombotiche in corso.
Vuole esprimere una considerazione per il futuro della pandemia, per quanto ad oggi abbiamo capito?
«Questo virus ha forse perso parte della aggressività e i medici hanno imparato, a proprie spese e purtroppo anche sull’esperienza drammatica vissuta accanto ai pazienti, come con quali farmaci e con quali precauzioni curare i pazienti. Anche se meno aggressivo, il virus è comunque molto diffusivo, viaggia da un persona all’altra con molta facilità: è dimostrato che l’uso della mascherina che copra completamente naso e bocca, il lavaggio frequente delle mani, il rispetto delle regole di non affollamento sono presidi indispensabili per rallentare la diffusione del virus e proteggere le persone alle quali teniamo: a mio parere un elemento fondamentale non viene abbastanza sottolineato né comunicato dalle istituzioni: la disinfezione dell’aria sui mezzi di trasporto collettivo come i treni, gli aerei, le metropolitane, dove i mezzi dovrebbero essere sanificati non una volta al giorno, ma più volte al giorno, ogni volta che si svuotano arrivando al capolinea o all’aeroporto, colpendo il virus ancora prima che entri in contatto con il nostro viso o le nostre mani. Il virus non passa da una persona all’altra ma da una persona a molte persone che le stanno intorno: solo impedendogli di diffondersi possiamo pensare di poter ricominciare a lavorare, a vivere, ad amare in sicurezza: ma ognuno deve fare la propria parte, perché trasgredendo ognuno di noi può diventare responsabile della malattia e della morte di altri, e questo non è accettabile.
Avere cura di sé, rimanere fisicamente attivi, ognuno secondo le proprie possibilità, scegliere quello che mangiamo con intelligenza, prendere con disciplina i farmaci prescritti dal medico, rispettare gli altri: sono queste le armi che al momento abbiamo a disposizione, dobbiamo usarle e riusciremo ad uscire da questa emergenza. Può darsi che un vaccino sicuro ed efficace, se mai lo avremo a disposizione, possa dare una mano nel ridurre la diffusione i danni di questa pandemia: per ora tocca a noi fare quanto è possibile per impedire la diffusione del virus. Sottovalutare l’importanza dei nostri comportamenti sarebbe una leggerezza grave, che noi stessi potremmo non perdonarci».
Che cosa pensa della medicina a distanza?
«Per un medico il contatto diretto con il paziente è fondamentale: toccare, auscultare, osservare sono una necessità per ogni buon medico di fronte a un paziente. Ma l’emergenza creata dalla pandemia ha ridotto in modo significativo la possibilità per i pazienti di accedere agli studi medici, per via delle difficoltà e della paura dei viaggi. Nella situazione attuale la disponibilità di piattaforme affidabili e autorevoli come HFCare – High Fidelity Care è strumento non solo utile ma indispensabile per garantire accesso alla diagnosi e alla cura a molti che per mille ragioni non desiderano o non possono viaggiare. Certo anche in futuro sistemi come questo saranno fondamentali, grazie allo sviluppo della tecnologia, evitando laddove possibile al paziente spostamenti costosi e non sempre possibili, e garantendo un accesso semplice a professionisti esperti e dedicati».